Sono psicoterapeuta ad orientamento gruppoanalitico, si tratta di un orientamento psicodinamico, i cui padri sono Bion e Foulkes, centrato sul gruppo e sui gruppi. L’errore più comune è quello di pensare che si lavori solo in gruppi di persone, ma non è solo così visto che in realtà ognuno nella propria mente convive con i suoi gruppi mentali (famiglia, amici, studio, lavoro, società, fantasie ecc ecc). Infatti la specializzazione è in Psicoterapia Psicoanalitica Individuale e di Gruppo.
Sono partita da qui e, tornassi indietro, ripartirei da qui. La scuola gruppoanalitica ha una sua salda e forte teoria di riferimento, ma abbraccia molte altre teorie e permette di conoscere tutti gli orientamenti più validati. E’ così che ho praticato lo psicodramma e la psicologia analitica. E’ così che ho incontrato Jung e poi, da lì, i successori dei suoi studi.
In generale posso dire che non sono molto ortodossa come psicoterapeuta, perché a parte i primi colloqui di inquadramento e di conoscenza reciproca (diciamo da tre a cinque incontri, ma in genere a tre mi fermo) in cui chiedo di raccontare la vita fino a quel momento, uso il genogramma per capire i legami famigliari e faccio una prima indagine sui miti e sui riti familiari, cerco di conoscere i gruppi mentali delle persone. Gli strumenti che uso sono tanti, a volte sono dei test, altre lo storytelling, le metafore, la letteratura, il cinema, le fotografie o ancora i disegni e l’arte in generale. La scelta di uno, nessuno o centomila di questi strumenti dipende da molte variabili: la difficoltà di espressione verbale, la difficoltà di ricordare, la mia difficoltà di comprensione. Di volta in volta è una volta diversa.
Accompagno le persone in un percorso interiore mantenendo l’equilibrio con il piano di realtà. Equilibrio è una parola chiave. Insieme a connessioni, altra parola chiave. Credo che se impariamo a fare associazioni tra quanto è interno e quanto è esterno da noi, allora riusciamo anche a mantenere il giusto equilibrio che ci permette di non perdere di vista la nostra interiorità e di affacciarci al mondo.
Cerco di far venire allo scoperto le emozioni, che sono spesso sconosciute o difficili da gestire. Molto spesso sento citare il famoso “Vaso di Pandora” che in molti vogliono aprire per arrivare però subito al ritrovamento della speranza, con l’illusione di poterlo fare senza fare prima uscire tutte le emozioni, sensazioni e parti negative che ci appartengono. E questo mi porta agli insegnamenti di Jung che mi sono molto cari: l’Ombra nel mio lavoro è un concetto fondamentale, come lo sono gli Archetipi. Ma il mio sguardo si rivolge anche ad altri autori e le loro teorie, i loro studi, guidano il mio lavoro. Tra loro Hillman è un punto di riferimento fermo e quando si riesce a capire quale sia il Mito che ci guida, o che ci ha guidati fino a quel momento, allora si comincia ad avere più chiaro il percorso. Yalom è un altro caposaldo.
Cerco di aiutare le persone a conoscersi, perché solo così è possibile capire gli altri e solo comprendendo ciò che appartiene a noi stessi e ciò che appartiene agli altri possiamo affacciarci alla vita in modo nuovo, possiamo avvicinarci a quella individuazione che ci ha indicato Jung. Individuare noi stessi è il nostro compito, è la nostra via, tortuosa, impervia, complessa ma che ci porta a stare bene.