Skip to main content

Siamo a un passo dal punto di non ritorno, ma ci sono ancora delle possibilità di salvare la nostra terra e la nostra salute. Dobbiamo muoverci

Siamo a un passo dal punto di non ritorno

Umberto Galimberti dice che il consumismo è un vizio

“… perché crea in noi una mentalità a tal punto nichilista da farci ritenere che solo adottando, in maniera metodica, e su ampia scala, il principio del consumo e della distruzione degli oggetti, possiamo garantirci identità, stato sociale, esercizio della libertà e benessere.”

Credo che oggi possiamo affermare che il consumismo più che un vizio sia una vera e propria patologia sociale.

In questa frase c’è un intero manuale di Psicologia del Consumatore, ma con uno slancio di ottimismo vorrei aggiungere che qualcosa sta cambiando, ma piano, lentamente e a piccoli passi. Temo che non possiamo più permetterci questa lentezza e che il nostro passo debba accelerare, ce lo chiedono la Terra e la nostra salute.

Credo che Galimberti abbia ragione quando dice che sul consumo abbiamo costruito la nostra identità e questo è un grosso guaio … nel tempo abbiamo dato una risposta al famoso dilemma Avere o essere? di Erich Fromm, ma adesso sappiamo che era la risposta sbagliata. Un oggetto per quanto prezioso possa essere non è e non sarà mai rappresentativo del valore di una persona. L’immagine non può prevalere sull’essenza.

Non siamo arrivati a questo punto per caso, sarebbe sbagliato non ricordare il tempo in cui le persone erano povere, deprivate di tutto. In tutte le case si sentono ancora i racconti di abiti passati di generazione in generazione, di colletti rivoltati, di lenzuola che da matrimoniali diventavano singole e poi diventavano sottovesti e poi camicie da notte e poi ancora strofinacci. Il benessere ha fatto sì che si perdesse la misura e il sistema economico ha favorito una sorta di ubriacatura collettiva per cui tutti, oggi, abbiamo tutto e troppo di tutto. Le nostre case strabordano di oggetti e prodotti e cibo. Usiamo le cose finché ci va e poi le gettiamo.

Abbiamo perso la misura e vediamo solo ciò che abbiamo sotto agli occhi, come non sapessimo che c’è una fetta di mondo in cui si muore di stenti e di fame. Mi sembra riduttivo definire tutto ciò un vizio, a me sembra proprio patologia sociale.

Siamo a un passo dal punto di non ritorno

Oggi la consapevolezza delle conseguenze del consumismo sull’ambiente sono note, non ascoltate da tutti e forse anche contrastate da alcuni, ma la consapevolezza sta aumentando. Grazie ai mezzi di informazione che ci permettono di vedere anche luoghi lontanissimi, oggi sappiamo che esistono posti simili

https://www.ohga.it/isole-di-plastica-quegli-immensi-accumuli-di-rifiuti-che-riempiono-i-nostri-mari/

In questi giorni c’è un video che gira sui social, mostra la situazione in un posto del Bangladesh dove c’è un fiume di rifiuti di  tessuti dismessi e plastica multicolore ammassati in grandi cumuli, sparsi nel letto vuoto di quello che sarebbe dovuto essere un fiume che scorre tra gli edifici.

https://www.greenme.it/lifestyle/moda/fiume-spazzatura-produzione-moda-fast-fashion/

Per riuscire a fare davvero qualcosa devono cambiare i nostri comportamenti, le nostre abitudini all’acquisto. Poche regole, ma serie e precise, che vanno seguite (qui trovi i miei  ebook Consigli per gli acquisti e I love shopping https://flaviaepsiche.it/ebook/)

  • Scegliere la qualità e non la quantità – non è vero che è una questione di soldi, semmai di come si spendono i soldi https://flaviaepsiche.it/2022/11/09/consumo-consapevole-e-gestione-del-bilancio-familiare/. Attenzione a non confondere la qualità con i marchi o le firme nel caso dell’abbigliamento. In tutti i generi merceologici ci sono aziende serissime che lavorano benissimo, ci informiamo su tutto, possibile che non le troviamo?
  • Quando facciamo la spesa alimentare seguiamo qualche regola che ci aiuti a non eccedere in modo da evitare gli sprechi
  • Se qualcosa si rompe proviamo ad aggiustarla prima di buttarla via

Finisce che si risparmia pure!